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Passato Remoto
In un articolo del compianto Gilberto Cerioni vengono indicate come antenate della Sagra dell’Uva di Cupramontana quelle Liberalia che si celebravano a Roma fin dal tempo di Numa, dedicate a Liber ed a Libera, dio e dea del grappolo.
Ciò vale naturalmente non per la sola Cupra Montana, ma per tutti quei luoghi in cui, crescendo rigogliosa la vite, venivano officiati riti protettivi e di ringraziamento in qualche modo legati alla crescita ed alla raccolta dell’uva. Infatti dal momento in cui l’uomo abbandonò il nomadismo per farsi agricoltore ebbe il continuo timore che agenti atmosferici avversi, dovuti al malvolere degli dei, rendessero ancor più precaria la sua esistenza. Di qui la pignola osservanza di riti ed offerte a una moltitudine di divinità, affinché proteggessero o almeno non vanificassero il suo lavoro.
Quel che Aymard ed Auboyer sostengono dell’antica religione romana, “una religione di padri di famiglia e di contadini”, penso possa essere esteso a tutte le religioni dell’Italia arcaica. Anche per le popolazioni che più ci interessano, quelle gallo-etrusco-picene, l’anno doveva essere scandito secondo un calendario che, come quello attribuito a Numa Pompilio, non era se non un elenco di feste della vita rurale, con le loro date, i rituali ed i nomi delle divinità cui esse erano dedicate.
I dei dell’agricoltura venerati dai Romani
Prova di questo stretto legame tra agricoltura e religione presso i Romani arcaici sono gli innumerevoli “numina” adorati, quasi non si volesse, nel timore di offendere la divinità ignorata, lasciar scoperta nessuna fase del ciclo operativo agricolo. Venivano così adorati i Semones (dei della semina), il Messor (mietitore), il Saritor (sarchiatore) e perfino Picumnus, addetto al letame. Si supplicava Proserpina che faceva spuntare le foglie, Nodutus che sviluppava i nodi delle canne, Saturno (da sata, terre seminate) che faceva, tra le altre cose, prosperare le viti e per questo si meritò l’appellativo di vitisator (vignaiolo).
Il vino, fonte di gioia e di ricchezza, una delle principali bevande sacrificali dell’antichità, venne celebrato dai Romani in numerose feste, che a buona ragione possono venir indicate come “antenate” delle moderne sagre o feste dell’uva e della vendemmia. Oltre alle Liberalia citate dal Cerioni, v’erano le Vinalia (priora e rustica) che venivano celebrate rispettivamente il 23 aprile, allorché si assaggiava il vino nuovo, ed il 19 agosto, per allontanare pericoli dai grappoli quasi maturi.
Le Meditrinalia, invece, venivano celebrate l’11 di ottobre (Meditrina, dea della salute) in onore dell’uva e del vino visti come medicamenti. Solo dopo la conquista della Grecia e l’accoglimento di Dionisio-Bacco nell’Olimpo romano, le celebrazioni della vite e del vino (Baccanali) si tennero di notte in un bosco dell’Aventino e assunsero forme orgiastiche che talvolta degenerarono in episodi di malcostume.
Non altrettanto semplice è dimostrare come fin dai tempi remoti la vite allietasse ed arricchisse quelli che oggi sono conosciuti come i Castelli di Jesi e, “in primis”, Cupra Montana. In mancanza di fonti storico-letterarie precise, non rimane che ipotizzare scenari possibili.
Cupra Montana città del Piceno
Cupra Montana viene citata tra le antiche città del Piceno tanto da Tolomeo che da Plinio il Vecchio; con Jesi e Planina formava “nella zona, una triade gloriosa. Narra Stradone che queste genti erano più ricche, più progredite e più raffinate delle altre popolazioni italiche. L’abbondanza di allora si deve, con ogni probabilità, alla coltura della vite”.
Dal momento che non risulta aver avuto l’antica Cupra risorse d’altro genere, non resta, per giustificarne la prosperità, che accettare “in toto” l’ipotesi del Capogrossi. Peccato che Stradone e Plinio, dopo aver giudicato fertilissima la regione picena, lodino il “vino anconitano” e non quello cuprense; ma non mi sembra arbitrario pensare che il vino celebrato sia quello venduto in Ancona, ma proveniente del suo immediato retroterra, cioè dalla nostra zona.
Che essa poi si mantenesse ricca di vino ne fa fede Mobilio: “Annibale, spostato di poco l’accampamento, si fermò nella regione presso l’Adriatico e, facendo lavare i cavalli con vino vecchio, di cui vi era grande abbondanza, li guarì dalla scabbia che li tormentava; similmente curò pure i soldati feriti e ristorò i rimanenti, rendendoli vigorosi e pronti per le imprese future”.
Un altro fatto che testimonia della bontà ed abbondanza del nostro vino e di come sia stato, anche per il passato, apprezzato dagli stranieri e non fortunatamente solo per curare la scabbia, si legge nelle “Istorie di Corinaldo” di Francesco Maria Cimarelli.
Il frate in questione, riprendendo un brano di Bernardo Giustiniano tratto dal secondo libro sull’origine di Venezia, scrive: “che Alarico , re dei Visigoti, l’anno del parto della Vergine 410, movendo da questa contrada al sacco di Roma et poscia alla terra dei Bruttii, seco portasse quaranta some in barili, nulla a sé stimando recar sanitade et bellico vigore melio del menzionato Verdicchio” .
Ed ecco finalmente spuntare il nome di questo vino “de solar claritate et virtù eccellentissime”, che tanti estimatori ha avuto ed ha in tutto il mondo, reputato a ragione “il re dei vini marchigiani”, al quale, senza tener conto delle “antenate”, sono state dedicate le Sagre dell’Uva in Cupra Montana.
Passato prossimo
La prima “Sagra dell’Uva” si tenne, fino a prova contraria, a Marino, ridente città laziale, il 4 ottobre 1925.
La città “imbandierata e pavesata a festa” fu, la sera prima, rallegrata da una “grande illuminazione elettrica”. La domenica mattina vi furono concerti bandistici, la tradizionale processione del SS. Rosario e la benedizione delle uve. Nel pomeriggio, la corsa dei cavalli al fantino (primo premio l. 700).
Salutate poi da 101 colpi di cannone, due fontane versarono vino bianco e rosso; seguirono carri allegorici e cori. La serata venne conclusa da un “grandioso bombardamento aereo” (con tutta probabilità fuochi artificiali).
Vi fu grande concorso di folla grazie al bel tempo e la manifestazione riuscì benissimo anche perché, a detta di un cronista, non si ebbero né una lite né una disgrazia.
Se Giove pluvio aveva dato una mano ai cittadini di Marino, sfortunatamente non fu così, tre anni dopo, per la 1^ Sagra dell’uva di Cupra Montana.
La prima Sagra dell’uva
Era sta fissata per il 16 settembre, ma a causa della pioggia torrenziale, il Comitato organizzatore della “Società Giunone”, presieduto dal cav. Anastasio Fazi la rimandò al 23.
La festa, narra un anonimo articolista cuprense, “a dispetto del persistente cattivo tempo, è riuscita molto animata ed assai piacente. Le piazze e le vie di Cupramontana rigurgitavano di gente del luogo e di forestieri (…) Balconi e finestre erano imbandierati e illuminati (…) Al’entrata del paese, sotto le antiche logge del Municipio, attirava l’attenzione un riuscitissimo chalet, in mezzo al quale troneggiava una imponente botte di verdicchio di 140 ettolitri (…)
Nel mezzo della piazza era stato costruito un grande arco trionfare anch’esso adorno di uve e splendente di luce; e poco discosta da esso sorgeva la Casa dell’uva fatta con decine di quintali di splendidi grappoli forniti con nobile gare dai proprietari e coloni delle contrade S. Michele, Carpaneto, Val Cesola, S. Marco, Salerna e S. Bartolomeo.
Questa Casa purtroppo non si è potuta completare a causa dell’insistenza della pioggia (…) come ad altra giornata sono state rimandate la tombola e l’esposizione della grande fontana di vino, non fatta ieri per timore che la pioggia si mescolasse al dolce nettare!”.
Come si vede Giove pluvio non ebbe paura di essere cornificato dalla consorte se avesse fatto piovere, così come minacciava un arguto sonetto pubblicato insieme al programma di questa prima Sagra.
Piovve a più non posso. “Ciononostante – prosegue il cronista – il Comitato ha avuto la soddisfazione di vedersi onorato dalla visita di S.E. il Prefetto, del generale Ragioni, della Milizia V.S.N., del segretario federale ing. cav. Vecchini, del capo compartimento delle Ferrovie gr. uff. ing. Anzaldi, del questore comm. De Cesare, del console colonnello Cuccurullo, del Console della milizia ferroviaria cav. Saltara, dell’avv. Pergolesi della Federazione Provinciale Agricoltori e di altre autorità intervenute da Ancona e da altre città e paesi circonvicini”.
Non mancarono naturalmente i carri allegorici, che in numero di cinque, due di Monte Roberto (“La vendemmia” e “Bacco a cavallo della botte”) e tre di Cupra Montana (“Il ritorno della vendemmia”, “Sotto il pergolato”, “Grande bottiglia di champagne della ditta Vescovo”) fecero per tre volte il giro della piazza passando sotto l’arco trionfale.
Fu proclamata “Reginetta della Sagra” Fiorina Morici, mentre sue damigelle furono Nice Uncini e Bice Annibaldi di Cupra Montana e Virginia Chiatti di Monte Roberto.
Conclude il cronista: “La bella giornata dell’uva, bella nonostante la pioggia continua, si è chiusa con un ballo brillantissimo nel salone del Dopolavoro, ove ha prestato servizio il jazz-band diretto dal Boccosi”.
Terminava così a Cupra Montana la prima Sagra dell’Uva”. Considerato il fatto che è arrivata alla 46^ edizione, non si può certo dire le sia mancato il successo. Forse, per le sagre, vale lo stesso detto delle spose: “Sagra bagnata, sagra fortunata”.
La seconda si tenne il 29 settembre 1929.
Solo in seguito, infatti, si decise di fissarne la data alla prima domenica di ottobre.
Favorita, questa volta, da una buona giornata, ebbe un risultato superiore ad ogni previsione.
Lungo via Leopardi “sorgevano due fontane zampillanti nettare profumato ed inebriante (…) e padiglioni delle rinomate Ditte Dottori Dino e C., Vescovo Domenico e Figli, nonché eleganti chioschi delle contrade Carpaneto e Salerna.
Nel centro della Piazza Cavour sorgeva un maestoso padiglione contenete i campioni delle 50 qualità di uva in produzione nella zona, racchiusi in eleganti cestini nonché numerose bottiglie dello Champagne cuprense; al di sopra del padiglione (…) era stata collocata una enorme bottiglia di champagne alta 4 metri (…).
Nel pomeriggio hanno sfilato per le vie principali numerosi carri allegorici (…) tra questi vanno annoverati due del Comune di Monteroberto riproducenti Bacco vecchio e giovane (…).
Altro carro meritevole di elogio per la propria caratteristica è stato quello allestito da un gruppo di giovani studenti anconetani i quali hanno voluto contribuire al successo della giornata. (…) Ha prestato lodevolissimo servizio il rinomato corpo bandistico di Jesi diretto dall’esimio maestro prof. Coli, ed una lode giunga al Comitato molto egregiamente presieduto dal solerte ed instancabile Presidente sig. Anastasio Fazi.
I problemi dell’agricoltura degli anni ’30
Prima di passere alla terza Sagra dell’Uva, è opportuno fare, come nei romanzi d’appendice, un passo indietro. Nel 1925 infatti: “i prodotti più pregiati dell’agricoltura italiana – primizie, frutta, ortaggi, agrumi, vini, latticini – incontravano sempre maggiori difficoltà all’esportazione”. La “Battaglia del grano” ebbe inizio in quell’anno e si concluse nel 1933, quando “il fabbisogno fu coperto, per la prima volta, quasi interamente con la produzione nazionale”.
E’ in un’atmosfera come questa, di rivalutazione e potenziamento dei prodotti agricoli nazionali, che va inquadrato il proliferare, in tutt’Italia, delle Feste dell’Uva. Nel periodo settembre-ottobre 1930, tali feste dilagarono. Il “Corriere Adriatico” dà notizia di quelle svoltesi ad Ascoli Piceno, Fossombrone, Fano, Recanati, Montecarotto, Serrasanquirico, Ostra, Jesi, Montalto Marche, Macerata, Monsanvito, Teramo, Fermo e Ortona a Mare.
Con maggiore tempo a disposizione non dovrebbe essere difficile trovare il decreto di istituzione e vedere se realmente, come sostengono alcune voci, vi fu una differenziazione, non soltanto nominale, ma di trattamento, tra “Sagre” e “Feste”, tendente a premiare, con un contributo del Ministero dell’Agricoltura, le prime (Marino e Cupra Montana) nate per “generazione spontanea”, al contrario delle seconde, sorte per “ordini superiori”.
La terza Sagra dell’Uva si tenne il 7 ottobre 1930.
“La piazza presentava un colpo d’occhio meraviglioso. Dovunque padiglioni, baracche, capanne rustiche e chalets in cui maestosi grappoli d’uva facevano bella mostra fra tralci e verdi fronde. Fra essi vanno menzionati il gigantesco padiglione del Comitato, sormontato da una bottiglia addirittura mastodontica (…).
Accanto ad esso, la baracca della pesca bacchico-enologico-gastronomica (…) Chiudeva la via Leopardi un grazioso chiosco, deliziosamente guarnito di tralci di viti e di edera al centro del quale si ergeva una superba fontana, la quale a un dato momento ha cessato di gettare acqua, per fornire gratuitamente gli accorsi alla festa, del più prezioso nettare.
Altra degustazione gratuita è stata quella offerta dal gran proprietario Giuseppe Federici, il quale nella sua capanna rustica in via Marianna Ferranti, ci ha offerto un’ottima visione estetica”.
Ma si è stati fino all’ultimo con il fiato sospeso. “Quest’anno ha piovuto fino alle dieci del mattino. Tanto quanto basta per mettere la febbre indosso al Comitato. Alle dieci è spuntato il sole (…) Arrivano a decine, a centinaia le comitive.
Il viale della Vittoria presenta fose il più caratteristico spettacolo della giornata. Miriadi di vetturette incastrate le une contro le altre dicono press’a poco quanta gente s’è data convegno quassù (…).
La terza Sagra dell’Uva è al colmo. In piazza non ci si entra più. La marea è attraversata in ogni senso da correnti ‘calde’, occhietti lucidi brillanti in facce lucide, braccia alzate trofeate da bottiglie scoppiate, scoppianti o che stan per scoppiare. La marea ondeggia, i varchi si chiudono per risucchio, la beatitudine è su tutti.
Escono i carri. Su questi, intorno a questi, danze, stornelli, cori. I carri traballano sull’acciottolato, traballa compatta la marea, i calli in silenzio soffrono compressi: ma gli occhietti splendono, le bocche cantano, le braccia trofeate si agitano sbrodolate di succo d’uva attaccaticcio”.
Le Sagre degli anni ’30
Per le sagre che vanno dal 1931 al 1937 non ho che documenti fotografici. Spicca tra tutti una sorte di monumento al Verdicchio fascista (6^ Sagra dell’Uva – 1933), consistente in una grossa botte, vagamente militarizzata da una stella a cinque punte, issata su un basamento di mattoni.
Il povero Bacco, che in tempi più lontani amava cavalcare simili recipienti, ha dovuto cedere il posto ad un grande fascio che sovrasta il tutto.
E siamo al 1938. La Sagra dell’Uva ha ormai undici anni, ma non sembra essere in buona salute. Un breve trafiletto “annegato” in mezzo ad articoli inneggianti ai corsi preliminari, ne annuncia un programma senza pretese.
Le foto mostrano i soliti gruppi in costume e la solita marea di gente. Un grosso carro armato, con sulla fiancata scritto “Tiriamo dritti”, rende bene l’atmosfera del momento e non bastano ad ingentilirlo i grappoli che ne ornano la parte anteriore, né tantomeno la torretta a guisa di torchio, i cui quattro manici sembrano puntare, minacciosi come cannoni, contro i punti cardinali.
Immagine significativa dell’ultima Sagra dell’Uva prima che le artiglierie della 2^ Guerra Mondiale sparassero davvero.
Passata la bufera bellica così come il periodo turbolento e vitalissimo dell’immediato dopoguerra, essendo Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, iniziò il 23 maggio 1948 quella prima legislatura (1948-1953) che “ha segnato il primato nella storia della nostra Repubblica.
E’ l’unica che, dal principio alla fine, ha visto sedere lo stesso uomo, Alcide De Gasperi, sulla poltrona di presidente del Consiglio. E’ la stagione del centrismo trionfante. Il Patto atlantico, la liberizzazione degli scambi, la riforma agraria e quella tributaria, la Cassa del Mezzogiorno”.
1949
Nel 1949 i cuprensi, quasi a voler affermare la loro fede nell’avvenire e, nello stesso tempo, il loro attaccamento al passato, realizzarono la 12^ Sagra dell’Uva, la prima del dopoguerra.
Ignoro sia i nomi dei benemeriti organizzatori che il programma della manifestazione. Le foto tuttavia dimostrano che fu un’edizione di tutto rispetto: carri di eccellente fattura e raffinata ideazione, folla strabocchevole (ma questa è una costante), stand molto curati. In quello della Fazi Battaglia campeggia una gigantesca anfora, la cui forma suggerisce subito un nome: Verdicchio.
Della 13^ Sagra non resta, nella documentazione, che un avviso di mandato di L. 96.990, quale contributo straordinario concesso dal Ministero del Turismo.
La Sagra del 1951
Nel 1951 la passione politica doveva aver inquinato anche il Verdicchio se un lettore preso lo spunto dalla 14^ Sagra in preparazione, dopo aver considerato “Di ottimo auspicio l’offerta su interessamento dell’on. Chiostergi, invitata dalla Presidenza del Consiglio, di l: 30.000”, sviluppa il resto dell’articolo a mo’ di filippica contro l’Amministrazione comunale rea di volere i marciapiedi “i quali verrebbero a diminuire fortemente la sezione libera, creando difficoltà al transito (specie agli imbocchi delle vie Cadorna, Filzi, Baracca e Cuccagna), alle mostre ed ai padiglioni, nonché al traffico e al movimento della giornata ed anche quella delle fiere e dei mercati, apporterebbero una innovazione sgradita” e così seguitando per la mancata costruzione delle tettoie al Campo Boario e per la riduzione dell’erogazione dell’acqua.
Una riprova che le polemiche partitiche anziché sopirsi si erano ancor più infiammate ce la fornisce un simpatico articolo firmato Milton, che così termina: “Per un giorno, ve lo assicuriamo, Bacco e la sua gentile ispiratrice Cupra, faranno un miracolo inatteso, faranno sopire le ire e le lotte politiche e questa festa non sarà ispirata a nessun colore di partito, ma solamente a quel bacco che solo può mettere tutti d’accordo (…) per un giorno saranno tutti seguaci della stessa fede, anche i professionisti della politica, i quali, una volta tanto, invece di darla a bere e di vario colore, come è loro professionale abitudine, berranno, saldamente, schiettamente alla gloria eterna di Bacco e della dea Cupra. Prosit!”. Segue il programma della 14^ Sagra (7 ottobre) che non sui discosta dai precedenti se non per l’elezione della “Bella Vendemmiatrice”.
La Sagra del 1952
La 15^ Sagra si tenne il 28 settembre 1952 “alla presenza di S.E. Fernando Tambroni, Sottosegretario di Stato alla Marina Mercantile, di S. E. il Prefetto di Ancona, di tutte le Autorità Regionali e Provinciali e di circa trentamila persone venute da ogni parte della regione”.
In un articolo che ne preannuncia lo svolgimento trovo un’acuta spiegazione perché questo vino viene così apprezzato: “Si predilige il vino di tipo Verdicchio perché ha la proprietà di un nettare e perché sa poi inconfondibilmente di marchigiano: si afferma senza strombazzamenti, è modesto benché ricercato, è robusto come un portolotto anconetano, è tenace come un montanaro del San Vicino”.
In un mondo in cui tutti sono pronti a vantarsi anche dell’inesistente, la ritrosia tutta marchigiana a batter la grancassa, mise in forse, per mancanza di fondi, la realizzazione della 16^ Sagra.
Eppure “Nel solo Comune di Cupramontana vengono attualmente prodotti dai 50 mila ai 55 mila ettolitri di vino, mentre le locali fabbriche di vino spumante esportano più di un milione di bottiglie all’anno”.
Per fortuna “quando ormai tutto sembrava negativamente deciso, il Sindaco (Luigi Annibaldi) ha ideato di costituire l’Associazione pro Cupramontana (…) Riunitosi il Comitato della predetta Associazione sotto la direzione del suo Presidente avv. Fernando Fazi è stato unanimamente riconosciuto il dovere di non rinunciare alla Sagra che tanta fama e tanta soddisfazione ha sempre dato a Cupramontana”.
La 16^ Sagra riuscì benissimo. “Un tempo benigno ha fatto sì che l’afflusso di forestieri fosse quanto mai numeroso, anzi a dire il vero ha superato tutte le aspettative”.
La Sagra del 1954
Nel 1954 divenne Presidente della Pro Cupramontana Antonio Dottori che nominò Presidente delegato all’organizzazione della Sagra dell’Uva Elvio Francoletti, il quale, riunite nel 1959 le due presidenze, curò le manifestazioni fino al 18 agosto 1966”.
Della 17^ Sagra (3 ottobre 1954) non resta che una locandina con un programma che non si discosta dai precedenti. L’anno dopo vi fu l’”Affare del Pibigas”. Da quanto posso dedurre da una lettera firmata dott. Fazi Fernando, la Pro Cupramontana, su proposta di Francoletti, aveva intenzione di accettare una sorta di patrocinio della Sagra da parte della ditta in questione.
La cosa non piacque al dott. Fazi che rassegnò le dimissioni da Consigliere e da Vice Presidente dell’Associazione.
Non sono a conoscenza se la sponsorizzazione avvenne come da progetto, ma il programma della 18^ Sagra (2 ottobre 1955) mostra qualche cambiamento prevedendo un “Discorso celebrativo della giornata dell’Uva del prof. Goffredo Sorrentino, la premiazione dei carri allegorici e delle mostre con diplomi e medaglie del Ministero dell’Agricoltura, ricchi premi in denaro e cospicui doni offerti dalla PIBIGAS e, alle 21, spettacolo pirotecnico”.
Delle Sagre che vanno dal 1956 al 1960 (dalla 19^ alla 23^) rimane ben poco. Un programma della 22^ (4 ottobre 1959) annuncia la partecipazione della “Musica Arabica” di Fano, che diventerà un’ospite abituale delle nostre sagre e la presenza di Alberto Talegalli (cominciano ad apparire i “grossi calibri dello spettacolo”) con ripresa televisiva e cinematografica. Nessuna traccia di ‘sponsor’.
Una mini rivoluzione si era intanto prodotta nella tradizione dei carri: nelle foto riproducenti la 19^ Sagra, alcuni carri allegorici appaiono trainati da fiammanti trattori. Ma i magnifici buoi maremmani dalle lunga corna non furono mandati definitivamente in pensione, dal momento che figurano ancora in foto del ’59.
Nonostante i contributi che arrivano da più parti, la 23^ Sagra (2 ottobre 1960) si chiude con un deficit di £. 57.000, che salì, l’anno dopo (24^ – 1 ottobre) a £. 292.000. Eppure non mancavano certo le aziende vinicole in Cupra Montana, se un volantino del V Circuito Ciclistico del “Verdicchio”, datato 23 settembre 1962, ne elenca venti …
La Sagra del 1963
Una locandina su cui compaiono gli immancabili versi del Carducci, annuncia, per il 6 ottobre 1963, la 26^ Sagra dell’Uva e Mostra dei Vini, con il solito programma. L’estensore, probabilmente contagiato dal “Poeta della Terza Italia”, promette che “Il Verdicchio sotto la carezza del divino Bacco e quella del sole di ottobre limpido e profondo, riderà in magnifici grappoli stonanti le vie e le piazza di Massaccio, zampillerà in rivoli giocondi, ad esultanza degli spiriti anelanti.
Musiche sceltissime moltiplicheranno l’ebrezza, fantasmagorici carri addobbati rievocheranno visioni di sogno, la fantastica illuminazione della notte trasporterà la moltitudine degli spiriti nel regno delle favole”.
Nel 1963 entrò in funzione a Cupra Montana la Cantina Sociale che diede un nuovo impulso alla lavorazione e diffusione del Verdicchio, !All’albo dei vigneti ci sono oltre 400 ettari iscritti per una complessiva produzione che si aggira intorno i 30 mila quintali.
Ma Cupramontana oltre al Verdicchio produce anche il Rosso Piceno, sempre controllato, nel cui albo figurano una ventina di vigneti. Complessivamente, cos’, nel territorio di Cupramontana si producono stagionalmente intorno i 55 mila quintali di uve”.
Da allora la Cantina Sociale oltre a costituire un’importante presenza dal punto di vista economico, con la sua bianca mole cilindrica è entrata a far parte del panorama cuprense.
La Sagra del 1964
Della 27″ Sagra ( 1964 ) ignoro sia il giorno che lo svolgimento. Agli atti non resta che una lettera dove si comunica l’assegnazione, da parte del Ministero per il Turismo in base alla legge 4/8/1955, n. 702, di un contributo di 200.000 lire.
Trovandosi l’anno seguente la “Pro Cupramontana” con un attivo di L. 1.603.587 ,46 pensò bene di far le cose in grande. Nei giorni 25 e 26 settembre si tennero: il Primo Premio di pittura estemporanea “Luigi Bartolini”, il Concorso Manifesto Pubblicitario XXIX Sagra dell’Uva e Mostra dei Vini, il Concorso Manifesto Turistico su Cupramontana ed il Concorso Mostra Fotografica su Cupramontana.
La Sagra del 1965
II 13 ottobre 1965 venne celebrata la 28″ Sagra, il cui Comitato d’Onore era costituito da ben quattro ministri, un sottosegretario, un senatore ed un deputato, oltre a numerose altre autorità provinciali e comunali.
Conoscendo quanta dedizione, Fatiche, preoccupazioni ed arrabbiature ci siano dietro all’organizzazione di Sagre come quelle di Cupra Montana, per un ringraziamento tardivo, riporto i nomi di coloro che fecero parte del Comitato Esecutivo ed Organizzativo, così come sono elencati nell’invito: Cav. Luigi Annibaldi (Presidente onorario), Comm. Elvio Francoletti (Presidente), Sig. Pacifico Borocci (Assessore, Sport e Turismo), Rag. Doriano Dottori {Presidente Club Amici dell’Arte), Sig. Augusto Abbatelli, Geom. Giovanni Annibaldi, Sig. Gino Bartoloni, Sig. Raul Batocco, Sig. Attilio Bonci, Sig. Mario Caprari, Sig. Nicola Caprai, Sig. Costantino Cardinali, Sig. Carlo Cellottini, Geom. Alberto Ciattaglia, Sig. Daniele Ciattaglia, Sig. Antonino Coppari, Sig. Angelo Cotulelli, Sig. Umberto Fiorentini, Sig. Vittorio Gagliardini, Sig. Mario Latini, Sig. Venturino Manganelli, Sig. Sito Marconi, Sig. Ivo Pastori, Sig. Giambattista Piattella, Sig. Cesare Va!icchia (Segretario).
Viene annunciato per il novembre 1965 anche il “Primo Festival per cantanti di Musica Leggera ‘Verdicchio di Cupramontana”‘.
L’1 settembre 1966 cessò di essere presidente della Pro Loco, Elvio Francoletti e venne nominato Commissario straordinario “per la durata di mesi tre, prorogabile per eguale periodo, dalla data del presente decreto”, il Sig. Francesco Gagliardini. Malgrado il “terremoto” ai vertici del Comitato ed il tempo incerto, la 29^ Sagra ebbe il consueto successo.
Ne fanno fede le foto che riproducono la piazza gremita ed una sorta di torre Eiffel, in tubi Innocenti, alta 40 metri, sovrastata da una gigantesca bottiglia che, illuminata, “funge da faro per tutti coloro che da ogni parte della regione vengono a trascorrere una giornata di serena letizia”.
Le Sagre dal 1967 al 1971
Per il periodo 1967 -1971 il materiale è quanto mai scarso: un invito per la 31″ Sagra ( 6 ottobre 1968) a firma del nuovo sindaco Umberto Fiorentini e del nuovo presidente della Pro Loco Giovanni Benigni; idem per la 32″ (5 ottobre 1969); una locandina per la 33″ (4 ottobre 1970).
Questa edizione, come la seguente (3 ottobre 1971) , venne curata dal nuovo presidente Mario Giampaoletti, il quale nel 1972 credendo forse di far bene, di distaccare cioè quella dell’Uva dalle infinite sagre della frittella o della porchetta che in estate avvengono un po’ dappertutto, cambiò la denominazione “Sagra” in “Festa dell’Uva”, ignorando probabilmente che nel passato era stato proprio il termine “Sagra” a differenziare quella di Cupra Montana, dalle numerose altre “Feste” che nascevano e morivano nel giro di pochi anni.
La 35^ Festa dell’Uva (1 ottobre) ebbe il consueto successo, anzi, “Un successone”‘, secondo un cronista che sembra non essersi accorto del cambiamento di denominazione. Ma si sa che le abitudini sono dure a morire… Ospiti d’onore furono Minnie Minoprio ed Orietta Berti.
Il 7 ottobre 1973 si tenne la 36^ Festa. I carri allegorici ed i gruppi foIkloristici, nazionali e regionali, furono presentati da Gabriella Farinon. Furono graditi ospiti numerosi Inglesi aderenti alla “Wine Lover’s Association”, che per il Verdicchio bevuto, fecero certamente onore alla loro Associazione.
Questa edizione fu preceduta, presso il Palazzo Comunale, da “un incontro dei Sindaci dei 23 Comuni interessati alla produzione del “Verdicchio dei Castelli di Jesi” con operatori economici del settore su problemi organizzativi e di difesa anche in vista della richiesta di riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita (5 ottobre) , mentre il giorno dopo si tenne un “Convegno con il patrocinio dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, sul tema “Aspetti tecnici ed economici per una moderna vitivinicoltura”.
Relatore fu il Prof. Italo Cosmo, Vice Presidente dell’Accademia”. Gli ” Amatori del Vino” inglesi, che forse non ricordavano bene il sapore del Verdicchio, furono presenti anche alla 37^ Festa ( 6 ottobre 1974).
1975 la Sagra nell’Anno internazionale della donna
Nel 1975, anno internazionale della donna, si tenne a Cupra la Prima Rassegna Nazionale “La donna nella società, nell’arte e nella cultura”, che durò una settimana ed ebbe il suo momento culminante proprio con la 38^ Festa dell’Uva.
Numerose “personalità femminili, che si sono distinte nelle rispettive attività dall’arte alla politica vennero premiate col “Raspo d’ argento”.
Per inciso un piccolo capolavoro più che artigianale”. Una giuria presieduta dallo scrittore Fabio Tombari premiò ,il romanzo “n vegegufo” di Mariapaola Cantele, con una bellissima scultura in bronzo del pittore cuprense Ezio Bartocci.
Mai si videro a Cupra Montana tante donne insieme, celebri e no. E se l’ anno prima erano venuti gli Inglesi, in questa edizione non mancarono i Giapponesi. Chissà come questi bevitori di sakè giudicarono il Verdicchio?
Questo vino “tanto famoso (lo puoi chiedere a New York come a Copenaghen -a Parigi magari al momento non sappiamo ) notissimo e inconfondibile, anche per la confezione, quella bottiglia di un vetro lucido, verdelaguna, con la sua elegante forma ad anfora dorica”.
Numerosi Gruppi Folkloristici e Bande Musicali rallegrarono la 39^ Festa dell’Uva che si tenne il 3 ottobre 1976.
Dalla 40^ alla 44^
La 40^ edizione della Festa (2 ottobre 1977) fu annunziata da un manifesto splendidamente ideato e realizzato dall’artista Ezio Bartocci, ed ebbe il patrocinio dell’Assessorato al Turismo della Regione, dell’ Amministrazione Provinciale, della Camera di Commercio di Ancona e dell’Ente Sviluppo per le Marche”. ”
Anche la Comunità montana del San Vicino (a mezzo del suo Presidente Avv. Saverio Schiavoni) ha dato la propria adesione, offrendo inoltre la massima collaborazione anche a livello organizzativo’.
L ‘invito è firmato dal nuovo sindaco Prof. Alberto Cimarelli e dal Presidente della Pro Loco Mauro Cellottini, al quale chiediamo, essendo ancor oggi “felicemente regnante”, di ammazzare la Festa e restituirci la Sagra.
L’1 ottobre 1978 parteciparono alla 41″ Festa dell’Uva l’abruzzese Gruppo FoIkloristico “Il Laccio d’amore” di Penna Sant’ Andrea, la Banda Musicale “L ‘Esina” di S. Paolo di Jesi, Moie e le sue Majorettes, il Gruppo FoIkloristico “La Castellana” di Filottrano, la Banda Caratteristica Folk “Rubicone”, le Majorettes di Savignano sul Rubicone, i Gruppi FoIkloristici “Urbanitas” di Apiro e “Balcone delle Marche” di Cingoli.
Ma tanta partecipazione di gruppi e bande non serviva a celare una certa “stanchezza”. Per ridar smalto alla Festa, nell’agosto 1979, Mauro Cellottini indisse un’assemblea cittadina destinata a ristrutturare il Comitato Organizzatore.
“Bene, proprio dall’assemblea cittadina è uscita un’ondata di freschezza ( …) poiché saranno proprio una ventina di giovani a formare il nuovo Comitato Organizzatore della 42″ Festa dell’Uva”.
I risultati non si fecero attendere. Il 7 ottobre vennero ricevuti in municipio dal Commissario Straordinario di Cupra Montana Dott. Giuseppe Colli, i membri della “Wine Solecitor’s Society” e fu effettuato un gemellaggio con la cittadina di Clay Gate Esher (G. Bretagna), mentre il tono internazionale veniva rafforzato per la presenza di una delegazione di Privc (Jugoslavia).
Non mancarono i gruppi folkloristici e le bande. ‘Clou’ della serata fu uno spettacolo di Tony Santagata.
Un’interessante innovazione è stata la gara fra le contrade cuprensi per scegliere “il migliore ‘Verdicchio’ che sarà gustato da una specializzata commissione di sommelliers e assaggiatori”.
Tale gara si è ripetuta in occasione della 43″ Festa (5 ottobre 1980) ed è stata riservata “ai soli piccoli produttori delle varie contrade cuprensi: 1 -Silvano Dottori, di Carpaneto; 2 -Dino Cerioni, di Ascoli; 3 –Ferruccio Carbonari, di Torre; Orlando Cherubini, di Carpaneto e Enrico Savelli, di Alvareto”.
Furono venduti 30.000 biglietti d’ingresso per un incasso di 90 milioni.
“La novità assoluta di questa edizione della Festa dell’Uva sarà costituita dalla presenza di una folta rappresentanza di cittadini di Zara, accompagnata dall’addetto agli affari culturali dell’ Ambasciata jugoslava a Roma Rakovic; come è ormai consuetudine, poi, saranno ospiti di Cupra i rappresentanti di altri Comuni italiani “produttori” di vino. Quest’anno ci saranno i sindaci di Bertinoro e di Roseto degli Abruzzi”.
Il 1980 è anche l’anno dell’affermazione del Verdicchio alla “Douja D’ or” di Asti, dove venne premiata, dopo una “selezione dei migliori vini italiani e francesi, per il Verdicchio dei Castelli di Jesi, la ‘Castelfiora’ .
A proposito di Verdicchio, ho trovato in numerosi articoli, senza mai che venga citata la fonte, che i Francesi lo avrebbero definito “il miglior vino da pesce di tutta Europa”.
Mi sono sempre rifiutato di riportare questo giudizio, che a me sembra incredibile dato lo sciovinismo dei nostri “cugini”. “I Francesi? -mi chiedevo – Quali? Dove? In quale occasione? Quanto avevano bevuto?”.
Penso di aver scoperto l’arcano nelle “Marche e i loro vini”, là dove viene riportato un brano di Jean-Pierre Kraus dal numero del 27 ottobre 1970 del “Luxemburger Wort”.
Scrive il Kraus: “…in alcune cantine della provincia di Ancona abbiamo fatto conoscenza col ‘Verdicchio’, gran vino bianco secco di 12° che risponde molto largamente al gusto dei lussemburghesi. Il Verdicchio classico dei Castelli di lesi è considerato tanto in Italia quanto in Francia il miglior vino da pesce”.
Se ho colto nel segno tutto si spiega: i Francesi citati non erano che… un lussemburghese !
45^ Sagra dell’uva
Ma passiamo alla 45^ Festa dell’Uva, visto che della 44^ nulla è restato in archivio. La pioggia caduta nella giornata di sabato e nell’intera mattinata di domenica (3 ottobre) aveva fatto temere il peggio. “Nelle prime ore del pomeriggio ha fatto invece capolino il sole facendo tirare un grosso respiro di sollievo agli organizzatori.
Cupra Montana è stata letteralmente invasa da una marea di persone (…) Si calcola che nei tre giorni della festa siano state registrate a Cupra Montana più di trentamila presenze”.
Il sabato si era tenuto, nella sala consiliare del Comune, un Convegno su “Il Verdicchio spumante: una tradizione che si rinnova per dare lustro all’enologia marchigiana”.
I lavori del Convegno furono aperti da un’introduzione del vice sindaco Massimo Del Moro, segui la relazione di Ardito Amadio, esperto di marketing, dal titolo “Storie e prospettive di mercato”; chiuse il Convegno l’enotecnico Carlo Pigini con la “Tecnica di Produzione”.
L ‘ accresciuto impegno economico, illegittimo bisogno di sentirsi in qualche modo ‘coperti’, l’altrettanto legittimo desiderio di veder valorizzata in campo regionale la Festa dell’Uva: questi ed altri ancora i motivi di un diffuso malessere che sembra aver contagiato i giovani del Comitato.
Annotava Gianni Rossetti: “Già nel 1952 – ci ha detto ancora Mauro Cellottini – l’allora presidente Ferdinando Fazi chiedeva la costituzione di un Comitato permanente per la Festa dell’Uva.
Eravamo, allora, appena alla sedicesima edizione: oggi siamo alla quarantacinquesima, ma purtroppo dobbiamo constatare con amarezza che ci troviamo a chiedere le stesse cose ed ancora una volta questo appello cade nel vuoto. (…) In realtà dietro alla mastodontica ed efficiente macchina organizzativa c’è ben poco. Solo l’entusiasmo di alcuni giovani che affrontano rischi e responsabilità, che vanno ben al di là del lecito”.
Il problema è reale e va affrontato con tempestività. “Un bilancio preventivo di gran lunga superiore ai cinquanta milioni -dicono -non può gravare su un comitato di volontari. È necessario che gli enti locali, provinciali e regionali intervengano oltre che moralmente, materialmente”.
Siamo ad un punto cruciale. Da una parte la comprensibile esigenza di un organismo meno “garibaldino”, dall’altra, almeno da parte mia, il timore della costituzione di un comitato pletorico ed in gran parte lottizzato dai partiti, che, nel migliore dei casi, produrrebbe chiacchiere e lascerebbe il lavoro ai soliti, nel peggiore, finirebbe per isterilire e paralizzare il tutto.
Ma non è questo il tempo delle polemiche. Esse avranno modo di svilupparsi nel corso dell’anno. Ora bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fate sul serio. La 46 Festa dell’Uva incombe.
Cupra Montana, 23 settembre 1983