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La storia dell’Infiorata a Cupramontana
Prefazione di Maurizio Fileni
Dire Corpus Domini, tutti lo sanno, è dire processione; è dire fiori. A Cupra Montana è dire infìorata; è dire cioè un tappeto di fiori lungo 500 metri. E’ dire simmetrie floreali che, ripetendosi, fanno godere gli occhi e contribuiscono a che la festa sia più festa.
M’hanno detto che una volta a Cupramontana, sia per la povertà nella quale la maggior parte della gente viveva, sia perché a certe cose non si badava eccessivamente, erano i contadini delle parrocchie o quelli della Confraternita del Santissimo sacramento che avevano l’incarico di precedere la processione e di spargere qualche petalo di fiore prima che passasse l’Eucarestia: nient’altro.
Poi, giusto 50 anni a questa parte, gli abitanti di alcune vie hanno avuto la bella idea di mettersi insieme per realizzare qualche cosa di più bello e più presentabile. Da quel tempo fino ai giorni nostri, hanno fatto lavorare la fantasia, raffinato i metodi di lavorazione fino a raggiungere i risultati, apprezzabilissimi, di oggi.
Con questa pubblicazione si vuole innanzitutto festeggiare il 50° dell’infìorata; in secondo luogo si vuole ringraziare quanti si adoperano perché la stessa si realizzi ancora e diventi sempre migliore; infine per farla conoscere anche fuori Cupramontana perché sia veicolo di maggior lode a Dio e di conoscenza di questa bella Cupra.
Il Priore-Parroco Maurizio Fileni
Infiorata Corpus Domini: il libro edito nel 1997
1 giugno 1997.
Giornata del “Corpus Domini”: per i cuprensi è il cinquantesimo compleanno della loro “infiorata” e la chiesa di San Lorenzo viene restituita ai fedeli splendente del suo ritrovato neoclassico ricco di proporzioni e di eleganza.
Relazioni tecniche sul valore artistico della chiesa il tempo ne ha prodotte a bizzeffe, ma, nel dubbio che vi facciano sopraggiungere la noia ( e probabilmente non a torto) , vogliamo solo farvi sapere come la chiesa priorale di S. Lorenzo, sia un vostro bene da tenersi stretto, di quelli che non si trovano più.
Già, perché peculiarità di questa chiesa è proprio l ‘essere stata di proprietà di monaci che, ligi al loro credo di umiltà, ne hanno conservato l ‘originario gusto neoclassico che le fu dato da Mattia Capponi nel 1787.
Loro, i monaci camaldolesi, l ‘hanno preservata da quegli arzigogoli, che, pur tanto cari al gusto popolare troppe volte hanno adornato le chiese col pericolo di snaturarle.
Ora rieccola a voi: restaurata, ridipinta e con le sue belle tele dai colori vivi e rinati. Andate a vederla, soffermatevici un momento: è la vostra casa più di quanto spesso non rammentiate.
Dovessero darvi tregua i vostri necessari pettegolezzi, lasciatevi prendere e trasportare dalla divina, celeste sacralità. Zittito chi vicino a voi borbotta due conti, sedetevi ed ascoltate: aiutati da quel color del cielo, dal “Sogno di S. Romualdo” e dal “Martirio del Beato Angelo”, sentirete la magica voce che è dentro di voi, è bella e saggia, divina ma flebile, per questo troppo spesso non la ascoltate, ma la soverchiate con vuote grida ed inutili discorsi da gettare ” ad bestias ” .
A noi hanno chiesto di parlare dell’altra festa che Cupramontana celebra oggi; ci hanno chiesto di parlare del “Corpus Domini”: parleremo dello spirito dei suoi “fieri abitanti” testardi e schietti, pettegoli e
sincero, avaro e vivace ‘… perché tutto questo rappresenta il “Corpus Domini”.
Le origini dell’Infiorata
Già, perché l’infiorata cuprense del Corpus Domini risale al 1947 ed è tradizione antica legata alla vita e al cuore di tutti.
Molti si impegnano nella realizzazione degli splendidi tappeti di colori e tantissimi li vanno ad ammirare il giorno della festa, tenendo fede ad un antico esempio che hanno ereditato dai loro padri.
Nel paese, infiorato nel giorno della solennità delI’Eucarestia; mesto nella sera del Cristo Morto, ubriaco e vivace nei miti baccanti e vendemmiali vi è l’essenza stessa di questa comunità dalle radici forti e tenaci, sua ricchezza e suo limite.
“Sono, inoltre, tirchi a tal segno -scriveva Luigi Bartolini parlando dei fieri abitanti del suo paese natale – che da essi, un poeta è considerato quale ozioso parassita, un essere umano inutile; nemmeno buono a condire la loro polenta”.
E Cupra Montana è sicuramente sempre stata più orgogliosa del suo vino che di aver dato i natali a quell’illustre figlio, che tanto l’amò portandosene dietro la viva nostalgia. Ma se non ci fosse stata una Cupra così, coi suoi riti antichi, il suo cipiglio fiero e la sua vita contadina, non vi sarebbe stato nemmeno Bartolini e questo il poeta lo sapeva benissimo.
Anche i suoi rimproveri sono come i richiami di un padre che, ormai esperto degli uomini e delle cose della vita, è costretto a farsi severo nell’ammonire il figlio che tanto ama perché vinca le insidie della vita: “ed è perché vi amo, o consanguinei della mia terra, da cui tutto trassi, dal mio sangue alla mia intelligenza, dal mio cuore al coraggio che mi sostiene in mezzo a tante lotte impari che mi permetto di dirvi delle verità”.
Grazie alla sua natia Cupra egli poté esclamare in quella sua specie di romanzo, che è ancor oggi una delle cose più felici del dopoguerra, che ” … vivere si dovrebbe. Ma, infatti, io vissi. …lo, oh sì che vissi! Vissi la celeste anarchia che migliaia, milioni di uomini di città non hanno, oggi, più coraggio di vivere”.
Ebbene, cuprensi, perdonatemi se mi ci sono volute le parole del grande scrittore per rammentarvi che voi vivete! Vivete il canto dell’usignolo, le giornate di sole tra i verdi vigneti, l’alito celeste del vento di primavera… Vivete, perché tutto questo è dentro di voi: amatelo e conservatelo, amatevi e conservatevi.
E non vi venga il grillo, o ingenui, di imitare i poveri cittadini che “immersi nella loro triste nebbia son meccanizzati ed umiliati dall’immensa, ma inutile macchina della moderna Babele” , col pericolo d’essere ne più ne meno che automi, col pericolo di divenire tutti uguali! sensuali colli del Massaccio il sole li illumina. E rende radiose le vie multicolori nel giorno festoso del “Corpus Domini”.
Voi ne siete parte e forse per questo spesso non ve ne accorgete. Vi darei gli occhi di un forestiero per farvi scorgere la magia delle nostre sentite e sincere tradizioni, piene di vita come le guance rosse delle contadine di un tempo, prima che il fard le mascherasse.
Allora sì che i vostri sarebbero occhi ed animi affascinati e tremolanti di gioia. Beato chi viene a Cupra nel giorno della festa. Arriverebbe il buon visitatore domenicale, subito incuriosito dal gran formicolio: una bella festa di sole, tanta folla vociante che aspetta la processione per le vie del centro infiorate a festa e quei bei colori che si rispecchiano nei visi sorridenti e distesi della gente.
Via Roma, via Menicucci, Don Minzoni, Matteotti, tutte infiorate a festa con fluidi disegni inondati di petali pieni di vita e di estate. Gli abitanti di quelle vie smetterebbero per un momento di assestare gli ultimi accorgimenti a quelle creazioni in realtà già perfette e, inorgogliti dagli occhi pieni di curiosa ammirazione del visitatore, gli spiegherebbero i segreti della loro infiorata.
Probabilmente senza che esso lo chieda, gli diranno come pian piano il miracolo nasce e si rinnova anno dopo anno. Venerdì e sabato, intanto quell’ammirazione che donerete alle loro pitture floreali, per essa ed essa solo hanno intrapreso quel lavoro assai raro che al posto della fatica dà la gioia ed è esso stesso allegria e festa.
Al Corpus Domini, con la sua infiorata, i suoi colori, gli odori e l’aria tutta che vi si respira, ci si riconcilia con la vita e con noi stessi, con tutto ciò ci si rallegra, con tutto si sorride, com’è nella nostra vera natura, per un solare at- timo finalmente liberi dai corridoi angusti ed opprimenti che ci siamo andati a costruire.
Ma, tanto facciamo in tempo a rallegrarcene, sentendo che l’animo intero vi palpita e s’apre (…possiamo essere felici! Guarda, forse, chissà …) che già una lieve brezza i primi petali porta via. I contorni dei bei disegni si fanno sempre più labili fino a scomparire e i petali multicolori si mischiano e lottano nell’aria agitata dal vento, portatore, di lì a poco, del repentino, immancabile come da tradizione, fresco temporale che tutto cheta.
Ma voi conservatelo quell’attimo, custoditelo, curatelo, rifletteteci, esso tornerà così sempre più frequente, ogni volta un po’ più luminoso, finché capirete, e quella luce lieta e gioiosa non se ne andrà mai più. Il paradiso è dentro di noi e lo cerchiamo lontano, nell’artificiosità; se impareremo ad amare ciò che davvero conta, senza codici e convenzioni e ne nutriremo l’anima, allora sia che si mangi polenta o caviale, sia che si portino stracci o gioielli, il mondo sarà in perfetta sintonia con noi, armonioso e buono.
A Cupramontana dire “Corpus Domini” significa dire “infiorata”; significa dire festa e festa grande.
Viviamola.
La tradizione del Corpus Domini
La tradizione del Corpus Domini nasce a Bolsena.
Correva l’anno 1263 ed avvenne appunto il miracolo eucaristico quando, secondo quanto tramandato dalla tradizione, al momento della consacrazione l’ostia cominciò a sanguinare sul corporale.
Impaurito e confuso, il sacerdote, cercando di nascondere il fatto, concluse la celebrazione, avvolse l’ostia nel corporale di lino e fuggì verso la sacrestia. Durante il tragitto alcune gocce di sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell’altare.
Come è nata e dove l’Infiorata?
Intendiamo quella nella quale si realizzano con i petali dei fiori quadri a soggetto con disegno libero o geometrico, per fare da tappeto a processioni o altre manifestazioni.
Non quella di gettare fiori o petali al passaggio di persone oppure immagini alle quali si vuol fare omaggio, usanza questa che ha origini molto antiche sia profane che cristiane. La risposta ce la dà il gesuita Giovan Battista Ferrari, senese, nel suo ”De florum cultura” pubblicato in latino nel 1633 e in una seconda edizione in italiano nel 1638.
Il Ferrari ci descrive con dovizia di particolari la prima infiorata fatta in Vaticano il 29 giugno 1625 in occasione della festa di S. Pietro e Paolo: ”Ad usi più nobili gli stessi fiori, sfrondati e sminuzzati (..) contraffanno le più nobili pitture ne’ colori e nel resto dell’apparenza.(dal sito dell’Associazione Infioritalia)